La Scuola Materna “A. Marvelli”: storia e finalità educative

 

          Nata negli anni 60 del secolo scorso per dare semplice ‘asilo’ ai bambini durante le ore di lavoro delle loro madri lavoratrici, nei decenni successivi si è andata rinnovando; migliorando la propria competenza professionale, attenta alle tappe dello sviluppo dell’apprendimento del bambino.

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E’ interessante  scoprire e mantenere  nel cuore le origini e la storia della Scuola materna Parrocchiale “A. Marvelli” .

Nacque presumibilmente, secondo la memoria storica di alcune persone, nel 1963 ad opera del Centro Italiano Femminile  il cui scopo era di rispondere alle esigenze delle prime madri lavoratrici che dovevano trovare “asilo” ai propri figli durante le ore di lavoro.  Il C.I.F (Centro Italiano Femminile), mirava alla conquista degli ideali di libertà  e democrazia. Si propose di ottenere la ricostruzione dell’Italia devastata dalla guerra e impoverita già precedentemente dalla politica del ventennio fascista, attraverso la giusta valorizzazione delle risorse femminili.

A Rimini ha iniziato la sua opera fin dal 1945 curando in particolare l’assistenza ai minori delle scuole materne e soggiorni estivi.

Dal 1975 al 1985  il C.I.F affidò la responsabilità educativa di una sezione di n°35  bambini all’ insegnante Giovanna  Silighini.

Giovanna, commossa, rammenta  che era affiancata da un’ausiliaria con mansioni di cuoca .

“I primi tempi veniva somministrata solo la minestra in quanto i bambini portavano il tradizionale “cestino” da casa. Successivamente,  in accordo con i genitori e con il C.I.F, fu introdotto il “secondo” . Fu una grande conquista! La costante presenza delle famiglie – ricorda Giovanna – fatta di incontri reali, non  formali e di partecipazione alle proposte educative, ha contribuito notevolmente alla vita scolastica. Con l’aiuto dei babbi –continua Giovanna – venivano costruiti giochi (culle, sedie e poltroncine per l’angolino delle bambole) e materiali didattici (puzzle e tombole di legno). Ricordo piacevolmente i momenti di festa (Natale, Carnevale e gite) organizzati insieme ai genitori.”

Giovanna ha una memoria coltivata dall’affezione  a quanto costruito nella parrocchia.

“Le mamme che allora erano meno impegnate nelle attività lavorative confezionavano costumi per i piccoli spettacoli dei bambini e si impegnavano nelle rappresentazioni teatrali di storie.

Significativa – sottolinea Giovanna – era la presenza del  C.I.F impegnato in diverse attività sociali (colonie estive, centri, scuole) su tutto il territorio comunale, provinciale e nazionale.

Il C.I.F  riminese ha sempre supportato la scuola materna con notevole interesse dimostrando apertura e sensibilità ai cambiamenti innovativi.  Gli incontri con il C.I.F  riminese venivano svolti mensilmente per affrontare i problemi di gestione e organizzativi (registri, rette, ecc. ).”

Come all’origine della scuola sta il C.I.F riminese, all’inizio dell’esperienza sta anche la dedicazione  della Scuola Materna parrocchiale ad Alberto Marvelli, ora dalla Chiesa proclamato beato.

Don Ferdinando ricorda che la scuola si chiama col nome illustre e caro di A. Marvelli  perché aveva dimorato in questa zona (esattamente a 300 metri di distanza, in viale Regina Elena). Citare quotidianamente questo nome  significa oggi  fare memoria di questa esemplare figura  di laico cattolico.   Il suo pensiero era rivolto alla famiglia, specialmente alla madre. Ricorda, nel suo diario, con affetto la cara madre  che attraverso sacrifici e abnegazione ha allevato cristianamente lui e i fratelli. A. Marvelli partendo dall’esperienza educativa  che svolgeva nell’oratorio  così scriveva: “Non credere di perdere tempo trascorrendo anche delle ore con i bimbi, cercando di divertirli e di renderli più buoni. Gesù stesso li prediligeva e li voleva vicini a sé.” La famiglia e l’oratorio salesiano avevano maturato rapidamente i germi di bene seminati nel suo cuore di fanciullo, in uno sviluppo armonico delle sue qualità  umane naturali e spirituali.  Come avrebbe potuto una scuola materna posta nel “suo” quartiere non ricordare una simile  figura di personalità cristiana  dedicando a lui l’opera educativa ? La scuola materna A. Marvelli è diventata così –usando le sue parole – un’ “opera di salvataggio”, un luogo in cui i figli e le famiglie trovano risposta ad un bisogno ma non una risposta qualsiasi.

Con il passare degli anni la Scuola Materna ha vissuto un periodo di crisi e rischiò di chiudere i battenti e non solo per la diminuzione dei bambini. Uno sguardo illuminato su questa realtà ha manifestato sempre più urgente la necessità di poter contare su un’Equipe di persone competenti, pedagogicamente affidabili e specializzate. Si è ritenuto superato l’“accontentarsi” della buona volontà di un volontariato che ha mille interessi positivi, ma non una preparazione specifica appassionata ed intelligente di adulti in grado di affrontare con competenza le tappe dello sviluppo e dell’apprendimento di ogni singolo bambino.

Negli anni 2003-04 sollecitato dal desiderio del Parroco Don Giovanni, il C.P.P. della Parrocchia ha ritenuto opportuno subentrare al C.I.F. nella gestione della scuola Materna in sintonia con la Curia Vescovile.

È opportuno ricordare, a questo punto,  le parole che il Santo Padre  indirizzò  alle scuole cattoliche  il 30 Ottobre 1999 indicando l’originalità dell’esperienza educativa  cristiana:  “Un grande  patrimonio di cultura ,di sapienza pedagogica, di attenzione alla persona del bambino, dell’adolescente, del giovane, di reciproco sostegno  con le famiglie ,di capacità di cogliere anticipatamente, con l’intuizione che viene dall’amore, i bisogni  e i problemi nuovi che sorgono con il mutare dei tempi.”

E’ in forza di questo patrimonio, una vera e propria tradizione vivente, che coloro che si impegnano ad educare sono messi nella condizione  di “individuare risposte efficaci alla domanda educativa delle giovani generazioni – pronunciava Giovanni Paolo II – figlie di una società complessa, attraversata da molteplici tensioni  e segnata da continui cambiamenti: poco capace, quindi di offrire ai suoi ragazzi e ai suoi giovani chiari e sicuri punti di riferimento.

Nell’Europa unita che si va costruendo, dove le tradizioni culturali delle singole nazioni sono destinate a confrontarsi, integrarsi e fecondarsi reciprocamente, è ancora più ampio lo spazio per la scuola cattolica, di sua natura aperta all’universalità e fondata su un progetto educativo che evidenzia le radici comuni della civiltà europea. Anche per questa ragione è importante che in Italia la scuola cattolica – il Papa richiamava – non si indebolisca ma trovi piuttosto nuovo vigore ed energie: sarebbe ben strano, infatti, che la sua voce divenisse troppo flebile proprio in quella nazione  che,  per la sua tradizione religiosa, la sua cultura e la sua storia, ha un compito speciale  da assolvere per la presenza cristiana nel continente europeo.

Mi unisco, dunque, di cuore alla vostra richiesta di andare oltre con coraggio  e di porvi in una logica nuova, nella quale non soltanto la scuola cattolica ma le varie iniziative scolastiche  che possono nascere dalla società siano considerate – invitava il Papa – una risorsa preziosa per la formazione delle nuove generazioni, a condizione che abbiano  gli indispensabili requisiti  di serietà e di finalità educativa.”

Ponendo come fini e obiettivi primari le parole del Santo Padre  affermiamo che l’educazione è la migliore eredità che possiamo lasciare ai nostri figli. E’infinitamente più preziosa  del denaro e dei beni materiali che ci affanniamo a procurargli.  E’ anche nettamente superiore –comprendendola – all’istruzione, tanto che talvolta troviamo analfabeti che hanno ricevuto da genitori analfabeti un’eredità di comportamento più umana di quella lasciata a persone fornite di scienza e di arte da genitori di cultura scientifica o artistica.

Che ciascuno voglia il bene di coloro che ha messo al mondo   corrisponde a natura, ma non sempre si capisce che il loro bene è l’educazione, ed è  molto difficile  chiarire quale sia la migliore educazione.

La nostra società è tanto progredita e progredisce a velocità crescente in più direzioni: comodità, comunicazioni, cura della salute, divertimenti, facilità di istruirsi, difesa da cataclismi.   C’è da aggiungere anche una conoscenza democratica, tolleranza per il pensiero altrui, solidarietà sociale, sensibilità ai diritti  della persona umana.  Ma assieme alle encomiabili conquiste ci sono ancora tante miserie: ci sono famiglie  con la persistente difficoltà di trovare i mezzi  di sostentamento, poi c’è l’insidia di mali ancora più profondi, quali droghe, violenza a tutti i livelli, estremismi di ogni genere, ricerca sfrenata del denaro, del piacere, ecc.

E’ vero, all’origine del male c’è una  debolezza  della natura umana, che comunque porta dentro di sé – anch’essa fin dall’origine – un desiderio di bene e di felicità. Quindi occorre educare i bambini perché possano trovare  il modo di rispondere a questo naturale bisogno  di compimento di felicità.

Educare  è un verbo oggi sempre meno messo in uso. La conoscenza, infatti, non si esaurisce nel semplice apprendimento di nozioni  e informazioni, pur necessarie: si cresce e si diventa adulti  solo se si viene educati, se si è accompagnati e introdotti in un percorso di conoscenza e di affronto della realtà. Occorre che venga indicato un metodo, che vi sia un rapporto generativo  tra chi educa e chi viene educato.

Dalla responsabilità di educare non si può abdicare  né come genitori, nè come generazione di adulti né come scuola. E’ un rischio da correre, per se stessi, e per i figli, per la società di oggi e di domani.

Educare è la questione fondamentale nella vita personale e sociale ed è perciò una responsabilità di tutti.  Si tratta ,dunque, di educare quell’umano  che in ognuno si riflette in modo diverso, anche se il cuore dell’uomo è sempre lo stesso. Infatti, nella verità delle culture e delle consuetudini, il cuore dell’uomo è uno: il cuore mio è il cuore tuo ,ed è il medesimo  cuore di chi vive lontano da noi, in altri paesi o continenti. La prima preoccupazione di una educazione  vera e adeguata è quella di educare il cuore dell’uomo così come Dio l’ha fatto . Sicuramente la scuola, a partire dalla scuola materna è essenziale nel percorso educativo di un giovane che deve poter incontrare sempre più maestri  che insegnino ad apprendere al meglio la tecnica di ogni materia, ricercando ciò cui essa inevitabilmente rimanda come significato e come rapporto con la realtà tutta. Con questa preoccupazione viva e vigile cerchiamo di intraprendere il nostro lavoro educativo.  Tutto il tempo scuola ha eguale spessore educativo. Le azioni consuete, dall’allacciare le scarpe all’insegnare a tenere un pennello in mano, dall’imboccare un bambino all’attività dei laboratori fino alle uscite didattiche, tutto è importante se è vissuto in un’esperienza che coglie l’unitarietà della persona.

Abbiamo scelto di porre attenzione all’educazione della sensibilità, favorendo l’incontro con alcune attività in cui l’uomo ha espresso il suo desiderio di bellezza. E’ importante, nella programmazione dare spazio all’incontro con esperienze, con maestri, per comunicare un senso, una unità e una bellezza della realtà. Privilegiamo l’incontro con maestri di un’arte: può essere con panettieri, falegnami o artisti della creta.

Ci rendiamo conto che la crescita della consapevolezza di sé non è scontata ma è frutto di un lavoro: il bambino cresce insieme a ciò che dipinge, a ciò che racconta, a ciò che prova a fare. E’importante che si senta chiamato  a essere presente, a giocare un coinvolgimento  attivo.

Per esempio, avere la pazienza di insegnargli ad allacciare le scarpe è un semplice gesto grazie al quale lui può avvertire il piacere di crescere, di stabilire un rapporto tra sé e quell’azione e di avanzare sulla strada dell’autonomia.

Le scelte fatte dalle insegnanti devono essere stimolanti, ben pensate ma anche inventate, cambiate nel momento in cui nascono nuovi spunti dai bambini stessi.

Mi piace concludere questa relazione con le parole di Gabriella Ugolini, mia carissima amica nella vita e maestra nella professione.

“I figli sono nostri, ma non ci appartengono; ci sono dati da custodire, da venerare, da contemplare e su di loro c’è un progetto e destino grande di felicità, il cammino di ciascuno è nel cuore del Mistero.”

 

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